I calciatori inglese preoccupati più di fisco e tasse che di pallone

I giocatori inglesi di calcio che militano nella "premiere league" in questi giorni stanno avendo a che fare più con fisco e tasse che con il pallone. Dal prossimo anno infatti in Inghilterra l'aliquota fiscale per i redditi alti passerà dal 40 al 50% e i calciatori britannici sono preoccupati per il loro portafoglio. L'Agenzia delle entrate ha dedicato un articolo dal titolo «il fisco manda in crisi le stelle del calcio britannico» spiegando come i campioni del calcio siano più attratti da dilemmi fiscali e dalle prossime dichiarazioni dei redditi che dalla classifica del campionato. L'aliquota marginale, quella più alta, si incrementerà in pratica di 10 punti percentuale in più: un maggior prelievo che scatterà dal 2010 «soltanto per i redditi più elevati, oltre le 150mila sterline, circa 175mila euro per capirci». La newsletter dell'Agenzia delle Entrate fa i conti in tasca ai calciatori inglesi che - è scritto - guadagnano in media circa 70mila sterline a settimana, l'equivalente di 80mila euro. Il «compenso» annuale di un calciatore della massima serie britannica è così pari a circa 3,5 milioni di sterline, 4 milioni di euro. La 'stangatà sui calciatori - viene quindi calcolato - non è certo modesta «visto che la maggiore imposta da versare nelle casse dell'erario potrebbe essere, in media, pari a circa 300mila sterline, circa 350mila euro». «Soltanto nel caso di Cristiano Ronaldo, beniamino indiscusso del pubblico pagante che affolla gli stadi inglesi, e non solo, e per questo ben remunerato - spiega l'articolo - lo scatto in avanti del fisco britannico, una sorta di vera e propria entrataccia, comporterebbe 780mila euro di maggiori imposte da versare». «Molti calciatori stanno pensando come dribblare l'aliquota del 50% - spiega la newsletter - E le soluzioni, offerte dai contabili più scaltri, non mancano. Innanzitutto, i professionisti del pallone potrebbero devolvere direttamente gran parte dello stipendio in progetti di raccolta fondi il cui obiettivo è di finanziare la realizzazione di film in territorio britannico, meglio ancora, se di contenuto strettamente legato alla cultura e alla storia inglese. In questo caso scatterebbero numerosi crediti d'imposta e significativi alleggerimenti della pressione fiscale sulle somme investite. Una seconda via d'uscita comporterebbe l'erogazione dello stipendio, da parte della rispettiva società di calcio, in forma di prestito senza interessi. Questa particolare forma di erogazione dei compensi consentirebbe al calciatore di versare al fisco soltanto una parte dell'imposta dovuta». Ma l'alternativa vera è quella di «cercarsi un nuovo ingaggio nelle massime serie di Spagna, Francia, Germania e in Italia». Un modo per attivare una sorta di «offshore del pallone». «In questi Paesi - spiega infatti la newsletter dell'Agenzia delle Entrate quasi in appoggio alla stagione del Calciomercato che si è appena aperta - le aliquote più alte sono pari rispettivamente al 25, al 40, al 45 e al 43%. Il che assicurerebbe un guadagno netto».